Dagli anni ’60, l’industria svizzera si trovò in ginocchio di fronte alla crisi del quarzo causata dagli orologi provenienti dal Giappone.
L’egemonia svizzera
Spesso si sente parlare di crisi del quarzo, una definizione tanto drammatica da suscitare un certo sentimento di angoscia nell’animo degli appassionati di orologi meccanici. Proviamo allora a fare un po’ di luce attorno a questo tema, che minò la sopravvivenza dell’orologeria svizzera e la cambiò in modo irreversibile.
Nel periodo della Seconda Guerra Mondiale, la Svizzera era leader indiscussa nella produzione di orologi, sia in termini qualitativi che quantitativi. Durante la guerra approfittò della sua posizione politica per produrre segnatempo da fornire ai militari di tutte le fazioni. Grazie alla sua neutralità riuscì a controllare il 90% del mercato mondiale degli orologi. I primi segnali di pericolo per questa egemonia comparvero però poco dopo la guerra, negli anni ’50.
Nascita degli orologi elettrici
Nei primi anni ’50, da una collaborazione tra Elgin e Lip nacque il primo orologio elettrico, alimentato da una batteria. Nel 1957 Hamilton fu invece la prima casa a mettere in commercio un orologio elettrico.
Max Hetzel, un ingegnere elettronico svizzero, a metà degli anni ’50 presentò i primi prototipi di orologio elettrico con movimento a diapason. Si trattava in breve di un orologio a batteria che sfruttava l’isocronismo di un diapason come oscillatore. La manifattura americana Bulova fiutò le potenzialità dell’ innovazione di Hetzel e decise di produrre orologi con questa tecnologia, che introdusse nel 1960 sotto il nome di Accutron.
I primi lampi arrivavano quindi perlopiù dagli Stati Uniti e fu soprattutto il Bulova Accutron ad ottenere buon successo, grazie anche alla particolare estetica ed al marketing di Bulova.
Il primo orologio al quarzo Seiko
Durante gli anni ’60 la scienza fece considerevoli progressi nell’utilizzo di cristalli liquidi per la produzione di display. Grazie alla spinta data dalla Guerra Fredda venne inoltre migliorata la capacità di creare circuiti elettronici miniaturizzati. In parallelo la ricerca avanzava anche su tutta l’elettronica di consumo, come ad esempio televisori e orologi.
La casa giapponese Seiko, spinta dalla competizione con gli Stati Uniti che producevano orologi elettrici, si era buttata a capofitto nella progettazione di orologi a movimento elettronico. Anche la Svizzera portava avanti questo tipo di ricerche, ma per ovvie ragioni era meno interessata ad arrivare a risultati che avrebbero rivoluzionato l’industria.
Nel 1964 si tennero a Tokyo le Olimpiadi. Seiko era riuscita in gran segreto ad arrivare per prima al traguardo tecnologico e le Olimpiadi furono l’occasione perfetta per mostrare al mondo il traguardo che aveva raggiunto per prima. Seiko divenne così partner delle Olimpiadi, andando a rimpiazzare maison storicamente nel ruolo come Omega e Longines. Vennero usati i nuovi cronografi al quarzo per la misurazione dei tempi delle gare, oltre ad orologi e tabelloni elttronici sempre della manifattura giapponese.
Successivamente alle olimpiadi, Seiko mise in commercio orologi da parete al quarzo. Non era invece ancora in grado di produrre orologi da polso, che richiedevano una miniaturizzazione dei circuiti superiore.
La crisi del quarzo
Durante gli anni ’60, alcune case svizzere per sopravvivere furono costrette ad investire sul quarzo. Anche il centro di ricerca svizzero CEH (Centre Electronique Horloger) si dedicò alla ricerca in questo settore. Nel frattempo Seiko e Citizen surclassavano gli svizzeri in termini di esportazioni.
In occasione del Natale del 1969 Seiko presentò il primo orologio da polso al quarzo, ossia il Seiko Quartz Astron 35SQ. Si trattava di un’edizione limitata in oro 18k di 100 esemplari, venduti a 450,000¥ (su per giù il costo di un’auto). Il movimento al quarzo Seiko 35A oscillava ad una frequenza 8.192Hz e garantiva un errore di ±0.2 secondi al giorno, ossia ±5 secondi al mese.
Astron fu il primo vero colpo di cannone della rivoluzione del quarzo. Da qui ai primi anni ’80, metà delle manifatture svizzere chiusero ed i posti di lavoro nell’ambito dell’orologeria si ridussero ad un terzo. La tecnologia era ancora migliorabile e le prime risposte svizzere arrivarono alla fiera di Basilea del 1970. Seiko presentò invece il modello successivo di Astron nel 1971.
Dai display LED agli LCD
Nell’aprile del 1972 Hamilton presentò Pulsar P1, un orologio digitale in oro con display LED che mostrava l’orario alla pressione di un tasto. Il suo prezzo era di 2,100$ e venne seguito da una variante più economica Pulsar P2. Il P2, grazie soprattutto al display digitale, ottenne un successo tale da finire al polso di James Bond in Vivi e lascia morire del 1973.
La tecnologia LED aveva evidenti limitazioni: come già detto era richiesta la pressione di un tasto per visualizzare l’ora ed inoltre questa operazione consumava molta batteria. Nel 1973 i display LED vennero affiancati da quelli a cristalli liquidi, introdotti sia da Seiko che da altri brand. A differenza dei LED, i display LCD mostravano l’ora in modo continuo. Questo fece sì che di lì ai primi anni ’80 il mercato dei display LED crollò bruscamente, lasciando spazio agli LCD.
Se l’industria dei display LED si concentrava negli Stati Uniti, a farla da padrone sugli schermi LCD era l’estremo oriente. I principali produttori si trovavano ad Hong Kong, Taiwan, Corea del Sud, Singapore e Cina. La mole di produzione era enorme ed il costo finale di un orologio digitale al quarzo andava via via riducendosi sempre più. Seiko aveva puntato sin dall’inizio sugli LCD, rifiutandosi di salire sul carrozzone del LED, poiché ne fiutava gli evidenti limiti.
Display analogici e digitali
Seiko continuava a rappresentare la nave ammiraglia dell’orologeria giapponese, che si era buttata in toto sul quarzo. Citizen era una realtà forte ed in crescita, ma ancora in netto svantaggio rispetto a Seiko. Negli anni ’70 Seiko stabilì alcuni piccoli primati, realizzando il primo quarzo appositamente femminile, il primo display a sei cifre ed il primo orologio digitale multifunzione.
Seiko scelse saggiamente di produrre sia quarzi a quadrante analogico che digitale. Non fu una scelta scontata, se si considera che il mercato americano si concentrò esclusivamente sui quarzi digitali e quello svizzero al contrario a quelli analogici. Grazie a questa scelta la casa giapponese poté inoltre produrre orologi dal quadrante misto digitale ed analogico (i cosiddetti Ana-Digi), che andarono a costituire una consistente percentuale delle esportazioni. Ancora oggi possiamo trovare alcune incarnazioni di Ana-Digi, ad esempio nel Citizen Aqualand o in alcuni modelli di Casio G-Shock.
Secondo me l’orologio più accattivante, ma è un discorso puramente soggettivo, è stato quello a led rossi. Non mi sono mai andati giù più di tanto invece gli LCD orientali e parlo di Seiko Citizen e Casio che si sono sempre concentrati troppo sulle funzioni e poco sull’estetica che secondo me è l’aspetto primario di un orologio da polso. Ho invece trovato interessanti alcuni modelli LCD prodotti da note case svizzere nella seconda metà degli anni 70. Un altro orologio che ho trovato bello è stato il Bulova Accutron Spaceview che non a caso è stato anche riproposto seppur con un movimento al quarzo ad alta frequenza. Comunque sono un fautore del quarzo perché credo che di fronte alla tecnologia evuluta sia inutile continuare a servirsi di meccanismi obsoleti.
Ciao! Concordo sul fatto che gli LCD orientali siano meno gradevoli rispetto agli altri modelli da te menzionati.
Riguardo l’aspetto tecnologico, è chiaramente una questione sulla quale resterà sempre aperto un dibattito. È vero che oggettivamente, dal punto di vista della funzionalità, oggi non avrebbe alcun senso affidarsi a movimenti meccanici (meno precisi, più costosi, richiedono più manutenzione).
D’altro canto, però, se la motivazione principale per cui dovessi portare un orologio fosse la sua funzionalità in quanto strumento, probabilmente nemmeno lo porterei. Tuttalpiù opterei per uno smartwatch. L’ ora la posso infatti tranquillamente guardare sul telefono, pc, auto, eccetera.
Altri esempi: ha senso optare per orologi da 3000€, quando quelli da 200€ svolgono ugualmente il loro compito? Ha senso andarsi a complicare la vita con orologi vintage?
Personalmente ritengo che la risposta a tutti questi dubbi sia racchiudibile nel concetto di “fascino”. Si fanno scelte poco pratiche e anti-economiche, semplicemente perché ci piace trastullarci nel fascino trasmesso anche dal più banale ed industriale degli orologi meccanici. Nuovi o vintage che siano.
Non so forse sarò troppo tassativo però a questo punto si potrebbe dire che bisognerebbe riutilizzare anche i treni a vapore perché sono più belli e più affascinanti rispetto a quelli attuali. Posseggo molti orologi meccanici anche di un certo valore ma puramente per collezionismo. Trovo molto utile avere un orologio gradevole che magari si ispira anche a forme classiche ma pur sempre animato da un movimento di ultima generazione.
Secondo me non bisogna mai rifiutare il progresso. Fra un pò di anni circoleranno solo automobili elettriche e allora che faremo dopo un po’ ricominceremo a produrre quelle con motore termico solo perché sono vintage ed affascinanti. È vero che piace avere oggetti retrò io sono il primo ad averne e non solo orologi ma non per questo me ne servo per la vita quotidiana. Personalmente non indosserei mai uno Swatch e meno che mai uno Smartwatch che personalmente trovo orrendo. Al polso bisogna indossare l’orologio e non un microcomputer che tra l’altro segna anche l’ora. Detto questo ribadisco però che l’orologio puro e semplice debba essere equipaggiato con meccanismo attuale e non con tecnologia superata. Del resto anche grandi marchi hanno prodotto e producono movimenti al quarzo (vedi Rolex, Omega ecc.). Ovviamente i movimenti al quarzo di cui parlo sono però quelli di un certo livello e non sicuramente la roba di bassissima qualità proveniente dalla Cina. Forse la maggior parte della gente associa il movimento al quarzo al termine “economico” e per questo crede sia di scarsa qualità ma basta vedere quanto costa un Rolex Oysterquartz oppure un Omega al quarzo per capire che non è così.
Sono d’accordo sull’accogliere il progresso, ma nel mio caso ad esempio si tradurrebbe semplicemente nel non indossare orologi. L’ora non la guardo mai sull’orologio, e lo smartphone per un motivo o l’altro è sempre a portata di mano.
Se mi servisse seriamente l’orologio, mi affiderei a qualcosa di tecnologico, ad esempio radio controllato e con display digitale.
L’auto elettrica rende obsolete le altre perché invece è uno strumento che realmente ci serve. E comunque, anche in quel caso, sopravvivranno tra gli appassionati anche le auto storiche per il giro domenicale.
He he è una bella discussione questa. Sicuramente in futuro circoleranno ancora auto storiche con motore termico ma come ha detto Lei per il giretto della domenica ed è anche giusto e gradevole rivederle ma quelle saranno auto conservate e restaurate che apparterranno ad un passato. Nessuno credo si rimetterebbe a produrle rimettendole nuovamente in commercio come invece sta accadendo per gli orologi dove paradossalmente i movimenti meccanici stanno prendendo il sopravvento su quelli al quarzo. Se proprio non si vuole acquistare un radio controllato oggi esiste un movimento al quarzo con oscillazione di 262 Khz che ha uno scostamento massimo annuo di 10 secondi (Bulova Precisionist)! Un automatico di oggi quello scarto ce l’ha in un giorno! Se poi si fa il discorso di portare l’orologio solo come elemento decorativo e l’ora si vede altrove io preferirei un bracciale al posto di un strumento che non uso. Comunque siamo in democrazia (o almeno lo spero) e ammetto anche che ognuno sia libero di fare quello che più gli piace ma non si può però dire che il quarzo sia da scartare in favore di meccanismi con molle assi bilanceri ed ingranaggi.